domenica 26 aprile 2015

ARIA DI LIBERTA'

25 aprile 2015 

Il 70° della Resistenza e della Liberazione


Pensando oggi al 70° anniversario della Resistenza e della Liberazione, la prima cosa che mi torna alla mente è il 49° anniversario della Liberazione. Mi direte: e che anniversario era? E’ prassi comune che si festeggino gli anniversari a cifra piena, meglio se multipli di dieci, non certo le vigilie ed i numeri dispari (fatta eccezione per il 25°).

Ma il 25 aprile 1994, appunto il 49° della Liberazione d’Italia, ha rappresentato uno di quei momenti epocali cui si partecipa non certo per caso, ma sicuramente un po’ al ‘buio’, senza sapere se ci si troverà fra quattro gatti, come è capitato in passato non poche volte.

Per di più pioveva a dirotto: siamo partiti ugualmente con mia moglie, in treno da Genova, alla volta di Milano e una volta arrivati…ci siamo trovati in compagnia di altri 999.998 (circa) ‘resistenti’ che volevano trovare il modo giusto per testimoniare l’attualità della Resistenza di contro al crescente revisionismo e alla progressiva perdita di significato dell’evento ridotto da tempo a vuote e stantie celebrazioni.

Nanni Moretti, uno fra i più sensibili testimoni dei nostri tempi, si reca anche lui a Milano e gira alcune scene del suo film ‘Aprile’, immortalando per sempre un oceano di ombrelli, commentando di conseguenza lo scorrere delle immagini con le parole: “Ma piove sempre e riesco a inquadrare solamente ombrelli... ombrelli e ombrelli.”

Oggi, 25 aprile del 2015, ho come l’impressione che il clima venutosi a creare attorno alle celebrazioni del 70° della Liberazione dell’Italia, rappresenti, al di là del traguardo che è già importante sia stato raggiunto nel ricordo e non nell’oblio, un momento altrettanto significativo di testimonianza militante.

Cercherò di confermare questa mia impressione con un resoconto per quanto possibile dinamico dello spettacolo “Aria di libertà”, realizzato alla vigilia del 25 aprile a Genova nel Palazzo Ducale da un bravissimo artista come Giampiero Alloisio (collaborazioni importanti fra gli altri con Francesco Guccini e Giorgio Gaber) che insieme a Gianni Martini (chitarrista di grande talento) ha dato vita negli anni ’70 al gruppo musicale ‘Assemblea Musicale Teatrale’. Ed accompagnerò questa rievocazione con le fotografie del corteo genovese del 25 aprile che, invece delle consuete trecento, ha visto la presenza di tremila persone, o meglio, di tremila ‘resistenti’.

ARIA DI LIBERTA'

Giampiero Alloisio con Mario Ghiglione, il partigiano ARIA

E’ la vigilia del 25 aprile, 70° anniversario della Liberazione, e cinquecento genovesi si riuniscono al Palazzo Ducale nella Sala del Maggior Consiglio dove Giampiero Alloisio, in compagnia di Gianni Martini alla chitarra, suo storico compagno fin dai tempi dell’Assemblea Musicale Teatrale, e di Claudio Andolfi alle percussioni, ha allestito lo spettacolo “ARIA DI LIBERTA’” nell’ambito del X Festival Pop della Resistenza.


Giampiero Alloisio, figlio e nipote di partigiani, ha letto il libro ‘Aria di libertà’ –curato dallo storico Federico Fornaro- e l’ha trasformato in spettacolo con la formula del ‘teatro-canzone’ (reso celebre da Giorgio Gaber), portandolo in particolare nelle scuole per far comprendere alle nuove generazioni il valore delle scelte fatte anche da loro coetanei in tempi bui e difficili.

Mario Ghiglione, infatti, nel 1944 ed a soli 15 anni, come staffetta partigiana sceglie per sé un nome ‘liberatorio’ come Aria e si unisce ai ribelli del Monte Tobbio, al confine fra la Liguria e il Piemonte.

La formula-spettacolo utilizzata da Alloisio, il teatro-canzone, è molto affabulatoria e coinvolge tutti i presenti alternando riferimenti storici, aneddoti drammatici ma in alcuni casi anche divertenti, poco o per niente conosciuti, e canzoni di varia natura. Si va da pezzi scritti appositamente per lo spettacolo a canzoni del proprio repertorio, da testi molto noti come ‘La Libertà’ di Gaber-Luporini alla canzone ‘Lager’ scritta negli anni ’70 da Francesco Guccini per l’Assemblea Musicale Teatrale.

Alloisio legge la dichiarazione di guerra fatta da Mussolini il 10 giugno 1940, rievocando il successivo dono degli anelli e dell’oro alla Patria fatto in buona fede da centinaia di migliaia di persone comuni, ma anche da personalità come Pirandello, che donò la sua medaglia del Premio Nobel. Per poi, subito dopo, citare il ritrovamento a Pontedecimo nei pressi di Genova, nei saccheggi delle ville dei gerarchi fascisti seguite alla caduta del fascismo il 25 luglio del 1943, di una cassetta piena di fedi d’oro. Lo stesso avvenne in molte città d’Italia e risultò così evidente che quei doni non erano andati alla Patria, bensì a cinici mascalzoni in doppio petto.


Ed è ancora Mario, il partigiano Aria, ad essere al centro della narrazione. Mario, che pur non avendo alle spalle una famiglia con una formazione antifascista, compie d’impeto la sua scelta di campo: sottrae ai tedeschi 35 kg di tritolo, 6 machine-pistol ed una grossa bandiera rossa con una svastica bianca cucita al centro; cerca di liberare i prigionieri del campo di prigionia di Cesino, sulle alture di Genova; quindi, approfittando di un viaggio dei genitori fuori città, va sui monti in una cascina dove si ritrovavano i ribelli e si unisce a loro.
Subito dopo risuonano le parole: “Vorrei essere libero, libero come un uomo…”, e la superlativa chitarra di Gianni Martini lancia le sue note sulle volte affrescate del salone quasi a voler gareggiare con loro in maestria e bellezza. Alloisio appare soddisfatto quando la sua voce viene superata da centinaia di altre nel notissimo ritornello: “La libertà non è star sopra un albero, non è neanche avere un’opinione, la libertà non è uno spazio libero, libertà è partecipazione.”

Ed è nuovamente Mario che nella sua giovane incoscienza in cascina si mette a giocherellare con la pistola di un partigiano russo che aveva appena finito di pulirla. La prende, la agita in aria e finge di sparare a destra e a manca…quando un colpo gli parte, attraversa la finestra e la pallottola va a conficcarsi 4 dita sopra la testa di Don Berto, uno dei cappellani-partigiani più conosciuti e stimati della Resistenza ligure. Che subito assegna la necessaria punizione: Mario farà il chierichetto nelle funzioni religiose da lì in avanti!

La canzone successiva, Lager, scritta da Francesco Guccini, è l’occasione per ricordare la figura di un giornalista molto conosciuto a Genova, Raffaele Niri - Raffi per gli amici- prematuramente scomparso solo pochi giorni fa. Alloisio rivela infatti che è solo grazie a lui che ai tempi dell’Assemblea Musicale Teatrale entrarono in contatto con Guccini rendendo possibili le diverse successive collaborazioni.

Tutti sono attenti e partecipi, ed i passaggi successivi sono per Mario fra i più drammatici: durante i combattimenti in montagna viene catturato insieme a Giovanni Villa detto ‘Pancho’ ed altri cinque partigiani. Ai sei viene imposto di mettersi da sé la corda intorno al collo, ed è Pancho a sputare in faccia al soldato prima di essere impiccato in quello che è ormai tristemente conosciuto come l’eccidio di Olbicella. Aria viene pestato a sangue, fatto assistere all’impiccagione e buttato in una camionetta, in tempo per vedere –aggiunge Alloisio con chiaro riferimento ai tentativi di revisionismo storico- “…i ‘ragazzi di Salò’ che infierivano con le baionette sui corpi ondeggianti.”

Da lì viene portato al carcere di Silvano d’Orba, l’attuale castello, per poi riuscire a fuggire rocambolescamente e partecipare, prima di rientrare a casa per il 1 maggio, alla Liberazione di Alessandria il 28 aprile 1945.

Molte altre le canzoni intercalate al racconto, da “La mia infanzia” di Jacques Brel tradotta dallo stesso Alloisio a “Tanto pe’ canta” di Ettore Petrolini, dalla canzone partigiana “Siamo i ribelli della montagna” a “Non c’è lavoro” sempre di Alloisio.

Ma è un testo sempre di Alloisio che, nel finale, lancia uno dei messaggi più importanti e ben comprensibile da tutti i presenti: “Ogni vita è grande: basta raccontarla.”
Un magnifico inizio per questo 25 aprile, settant’anni dopo.

martedì 14 aprile 2015

ELOGIO DELLA PRIMAVERA!



Traggo questa magnifica descrizione della primavera da un testo più che centenario praticamente sconosciuto, di W. H. DaviesAutobiografia di un supervagabondo”, Rizzoli editore, 1948 (Titolo originale: “The autobiography of a super-tramp”, Ed. Jonathan Cape, London, 1908).
Di questo volume sto preparando la presentazione e per il momento l’ho recensito su questo stesso blog solo per la parte della presentazione di G.B. Shaw (http://giorgiomacario.blogspot.it/2015/03/autobiografia-di-un-supervagabondo-1-la.html ).


“La primavera sorridente s’era già impadronita dell’aria e aveva tinto d’azzurro i cieli, sciogliendo le gelide dita dell’inverno che ancora teneva la terra sotto una spessa coltre di neve.

Glorioso tempo dell’anno, la primavera! Il sole già incede nei cieli sereni e l’aria limpida e fresca infonde nuovo sangue nel corpo, incitando a calcare gagliardamente la terra ed a trattare la neve a calci sprezzanti. Le guance splendono di salute, le labbra sorridono, non si vedono facce estenuate, a meno che non escano dalla casa della malattia o della morte.”