sabato 23 dicembre 2017

UN FARO, NELLA NOTTE.

ALLA LUCE DEL FARO



 Presentazione di Giorgio Macario


Chi non si augura di poter intravedere una luce nel buio della notte, quando ogni speranza sembra ormai perduta e ci si aggira senza bussola alcuna entro percorsi difficili persino da immaginare?

E quando il bagliore, inizialmente appena percettibile,  si intensifica man mano che ci facciamo guidare nella giusta direzione, non ci sobbalza forse il cuore nello scoprire che non si tratta di una flebile luce ma del potente raggio di un faro che pulsa, seppur lontano all’orizzonte?

Queste le prime riflessioni che mi hanno ispirato le dieci ‘Storie in salita di giovani coraggiosi’, raccolte e curate per la Fondazione ‘Il Faro’ (Equinozi, novembre 2017) dall’amico e collega Roberto Scanarotti, che ho avuto modo di conoscere nell’ambito dell’esperienza ormai ventennale della Libera Università dell’Autobiografia di Anghiari.

Dalle comunità per minori alle scuole per educatori, dalle esperienze adottive ai Tribunali per i minorenni, tutta la mia vita professionale ha da sempre incrociato ‘storie in salita’ di ragazzi e giovani costretti spesso, loro malgrado, a confrontarsi con vicissitudini, accadimenti ed esperienze di vita che farebbero tremare i polsi a chiunque. E le storie di Abubacar, Alessio, David, Ermir, Giordana, Heidy, Mamadou, Marco, Pinky e Roberta, che oscillano, con incredibile leggerezza, tra intensi frammenti autobiografici e accurate ricostruzioni biografiche del curatore, non sono certo da meno.

Vi si narra di incontri e di mete, di amori e di volontà, di apprendimenti e di passioni, di fiducia e di resistenza, di rinascite e di rispetto: queste le parole-guida che sono risuonate nel curatore, che sembrerebbe essersi sintonizzato su di un registro emotivo piuttosto che razionale, e che intendono rappresentare non tanto e non solo singole storie di vita e percorsi individuali, quanto “migliaia di narrazioni che dal Faro hanno tratto luce ed energia”.

“Sono storie di gente forte che ha imparato a navigare con le onde alte”, ci dice Gianni del Bufalo, Direttore Generale della Fondazione (per inciso nata su input di Susanna Agnelli per aiutare chi fa fatica ad inserirsi nel mondo del lavoro).

Dalla lettura di queste storie di vita appare evidente che questi ‘semplici’ corsi da barista gastronomo, pizzaiolo, panificatore, aiuto cuoco, parrucchiera, cameriere hanno rappresentato ‘strumenti’ capaci di veicolare altrettante opportunità di riscatto perché accompagnati da adulti, educatori ed istruttori che hanno saputo tenere insieme competenze professionali e vicinanza emotiva. Ma è altrettanto chiara l’indubbia capacità resiliente presente in questi ragazzi e ragazze: è questa la competenza principale che esprimono e che li potrebbe vedere, in un ipotetico corso in tema, nel ruolo di docenti piuttosto che di discenti.


giovedì 14 dicembre 2017

LA VITA SI CERCA DENTRO DI SE' - di Duccio Demetrio

DUCCIO DEMETRIO
LA VITA SI CERCA DENTRO DI SE’ – Lessico autobiografico
(Mimesis, Milano, 2017)


Presentazione a cura di GIORGIO MACARIO

Qualsiasi scritto autobiografico, sia di scrittori di professione che di scrittori per diletto e/o necessità esistenziale, è già apprezzabile per il solo fatto di essere una testimonianza significativa del proprio punto di vista individuale su di sè e sul mondo. Ma in una impresa autobiografica autenticamente percorsa -ci dice Demetrio nell’introduzione al suo scritto- “...è presente un quid indispensabile: un’ulteriorità riflessiva sul senso e sulle motivazioni del proprio aver scritto.”

Ed è la stessa storia autobiografica dell’autore, fra ricerche universitarie, consulenze a gruppi e a singole persone mosse dal desiderio autentico di raccontarsi e fondazione e sviluppo della Libera Università dell’Autobiografia di Anghiari, a confermare il suo impegno prioritario verso la scrittura di sè senza aspirazioni letterarie.



Il titolo del volume, ‘La vita si cerca dentro di sè’, preso a prestito da un verso del poeta Mario Luzi, è “eletto a simbolo ed auspicio di questo libro”, mentre altrettanto significativa appare la dedica del volume agli autobiografi del carcere di Milano-Opera.
L’esordio è rivolto a rivalutare le ‘parole opache’, affinchè il lavoro interiore di carattere autoanalitico possa aiutare ad apprezzare, tramite la scrittura, anche un parziale diradamento della nebbia che le avvolge. E’ infatti il viaggio percorso, più che l’arrivo alla vetta, ad essere importante.
Ci sono poi tre interessanti ‘intermezzi’ che cadenzano altrettante parti del libro: l’incontro dell’autore con le lettere dell’alfabeto nell’infanzia; le scritture in cammino che condensano in poche pagine la ritualità sacra e profana del camminare; la ricostruzione di un’esperienza propedeutica di scrittura di sè che riassume il percorso iniziatico dei corsi della Scuola anghiarese.
Delle tre parti principali del volume, la prima -pressochè inedita- è centrata su diverse coordinate concettuali, con una attenzione particolare al ruolo della scrittura autobiografica nella formazione della persona e del cittadino. La seconda riguarda il lessico autobiografico, con le parole scelte per l’arricchimento della cultura autobiografica dei lettori e specificate nell’intento di renderle da ‘opache’ almeno un poco più ‘trasparenti’. La terza parte, infine, contiene otto brevi saggi su temi che completano il percorso precedente con il fine di “ricostruire le basi epistemiche di una cultura autobiografica.”


Demetrio, in conclusione, è riuscito a tematizzare e sistematizzare una pluralità di materiali, consentendo  diversi livelli di lettura. E’ possibile infatti, fra l’altro e con successivi livelli di approfondimento,  familiarizzare con l’ambiente autobiografico seguendo un filo descrittivo-esperienziale; affinare una propria maturazione interiore rintracciando le ‘parole opache’ che meglio risuonano con il proprio percorso esistenziale; approfondire la ricerca personale muovendosi nel testo in modo associativo, con particolare attenzione alle ‘parole che divengono discorsi’.

Senza mai dimenticare -e l’autore ce lo ricorda ancora una volta nell’epilogo, mentre dice addio per sempre alla sua storica ‘lettera 32’- il bisogno di raccontarsi come costante della nostra esistenza. Un’attenzione autobiografica che può anche aiutarci ad essere più sensibili ed aperti verso le biografie altrui. 

venerdì 8 dicembre 2017

MEMORIE GALANTI DEL SETTECENTO (C. Gozzi - L. Da Ponte - G. Casanova)

MEMORIE GALANTI DEL SETTECENTO
DI CARLO GOZZI, LORENZO DA PONTE E GIACOMO CASANOVA


Tra memorialistica autobiografica settecentesca e romantica introspezione dell'io, in un volume stampato in 2.000 copie numerate (copia n. 1429) nel 1945 nelle Officine Grafiche Carlo Ferrari per conto delle Edizioni Ateneo in Venezia.


(dalla prefazione di Bruno Brunelli)


"Carlo Gozzi, Giacomo Casanova, Lorenzo Da Ponte, tre fra i non molti nostri memorialisti, del Settecento, hanno dedicato buona parte delle loro pagine alla narrazione delle esperienze d'amore. (Il lettore pensa subito al Casanova, che in fatto di tali esperienze gode ancora e godrà sempre una fama per cui egli viene considerato il prototipo dell'esperto seduttore). Diversi sono i caratteri dei tre autobiografi: diversissime le reazioni a quel sentimento che in ogni secolo, ma specialmente in quello dei 'lumi', muoveva le azioni degli uomini."


"Carlo Gozzi ha relegato in fine alle 'Memorie inutili pubblicate per umiltà' la narrazione delle sue avventure amorose giovanili. Scriveva a 60 anni, quando l'esperienza era ben matura (...) Se nelle 'Memorie inutili' egli cerca infatti di migliorare il proprio ritratto morale e talora attenua le proprie colpe, qui egli non appare indulgente per se stesso e confessa la sua dabbenaggine, giustificata dall'inesperta giovinezza (...)".


"Le pagine erotiche dei 'Memoires' non sono quelle che hanno elevato a valore di storia la narrazione autobiografica di Giacomo Casanova, controllata dagli studiosi mercè documenti, carteggi, testimonianze di contemporanei. (...) Ma non nè escluso che si possa raggiungere qualche prova anche intorno a quanto parve vanteria di Don Giovanni: per esempio intorno all'episodio della Charpillon, uno dei più interessanti perchè, pur essendo uno dei più appassionati, mancò di quella soluzione che, presto o tardi, era nelle abitudini dell'avventuriero. (...)"


"Lorenzo da Ponte, il librettista di Mozart, fu forse, dei tre memorialisti, il meno sincero e, confessiamolo, il meno simpatico: egli nasconde o tace quanto non gradisce si sappia, a cominciare dalle ragioni del suo abbandono di venezia nel 1779. Il capitolo qui riprodotto dalle 'Memorie' del Da Ponte va collocato fra il 1773 e il '74. (...) nell'autunno '73 egli proveniva dal seminario di Portogruaro, dove aveva conseguito gli ordini maggiori. Non se n'era troppo preoccupato perchè, giunto a Venezia, egli dimentica completamente la sua condizione di ecclesiastico. (...) Una delle avventure più curiose del Da Ponte sarà quella estrema: al suo trasporto funebre a New York nel 1838 uno dei cordoni del suo carro sarà retto da Pietro Maroncelli, il purissimo martire dello Spielberg."


"Ed è appunto questo sapore di inatteso, frequente a ogni svolta della loro vita, che costituisce il fascino delle vite di questi avventurieri del Settecento, in tutti gli episodi da loro vissuti, e prima di tutto in quelli d'amore."

sabato 2 dicembre 2017

DIARIO SENZA DATE - Un'anticipazione dell'opera di Gilbert Cesbron

GILBERT CESBRON 
(1913 - 1979) Scrittore e filosofo francese



Trovo 'Diario senza date', scritto pubblicato nel 1964, 'quasi' per caso. Ho infatti terminato da pochi giorni un seminario ad Anghiari su 'Il lavoro di gruppo in ambito autobiografico' e la sperimentazione da parte dei partecipanti della stesura di un diario, anche se per tempi molto ridotti e per pochi giorni, rappresenta sempre una scoperta (o ri-scoperta) degna di nota. La stessa proposta a chi mi ascolta di diverse citazioni e riferimenti sulle funzioni multiple che la tenuta di un diario può svolgere, non prende a riferimento sempre le stesse fonti ma si arricchisce, anno dopo anno, di nuovi riferimenti. E' per questo che 'Diario senza date' ha catturato subito la mia attenzione. Scopro solo dopo averlo acquistato che si tratta della prima pubblicazione di una sorta di quadrilogia che vede l'uscita di 'Finchè fa giorno' nel 1967, 'Uno specchio in briciole' nel 1973 e 'Felicità da niente' nel 1979. Che i temi trattati nelle sue opere spazino fra 'fede cristiana, speranza, 
comprensione, infanzia, miseria, sofferenza e senso di giustizia' -come leggo su alcune note biografiche- mi interessa fino ad un certo punto. Preferisco avventurarmi fra la quarta di copertina e la premessa, condividendo con voi queste prime considerazioni dell'autore.


"Da vent'anni scrivo camminando; cioè andando e ritornando a piedi dall'ufficio dove esercito il mio secondo mestiere; dieci ore di cammino alla settimana con l'inseparabile blocchetto per gli appunti."
"Per l'arco di un ventennio, dunque ho raccolto pensieri, immagini, spicchi di racconto, 'spunti', brani di poesia, ecc., che mi sorgevano improvvisi davanti , o ritornavano da così lontano che non li riconoscevo più. Non era tuttavia, questo, uno spigolare nel campo delle mie messi annuali: neanche una di queste righe è uno scarto di un altro libro."
"Sono tenuto poi a dare una spiegazione, sul titolo e la forma di questo libro. Non credo che 'senza date' sia in contraddizione con la parola 'diario'."
"Il lavoro, infatti, è stato veramente scritto un giorno dopo l'altro, non importa quale. Non si tratta affatto del giornale di bordo di una vita o di un'impresa: si tratta solo di personali annotazioni quotidiane, riflessioni di un'anima. Non vi si troverà nulla di ciò che conferisce interesse ai 'diari' celebri. Non mi attribuisco tanta importanza: gli incontri di cui do relazione, se hanno un valore essenziale, lo hanno per me. Incontri privati e per nulla straordinari."
"'Diario senza date'; tuttavia, se occorresse datarlo globalmente direi: aprile o ottobre, stagione suggestiva, a cavallo del vento, quando senza alcun preavviso, il sereno e la burrasca si alternano. Tale è lo spirito, il mio comunque, e tale è questa raccolta. Un lavoro di mezza stagione..."
"Questo genere di scritti è un po' come le 'consumazioni' che si ordinano al bar tra amici: una tira l'altra, se ne perde il conto. L'autore, che ha impiegato anni a riempire il suo granaio, vi chiede di non servirvene in fretta, di procedere a piccoli tratti. Egli sarebbe davvero lusingato se riuscisse ad essere un buon compagno di viaggio che sa piacevolmente intrattenere, ma anche, quando occorra, tacere.
L'autore sa che se vi prendeste un'indigestione per la fretta di ingoiare questi piccoli frutti, fareste un torto all'albero che li ha pazientemente prodotti...
Ora, girata la clessidra, possiamo incominciare!"


Leggo che il 2019 dovrebbe essere l'anno del 'turismo lento' e del camminare lento, vorrà dire che cercherò di seguire le indicazioni dell'autore  e invece di 'ingoiare' in fretta le 250 pagine del volume, cercherò di gustarlo procedendo 'a piccoli tratti'; magari camminando e ...prendendo appunti a mia volta. Vi saprò dire. (G.M.)