martedì 13 febbraio 2018

SAGRA PARTIGIANA E GUERRA PARTIGIANA - Guerra di Liberazione

SAGRA PARTIGIANA


(In 'Guerra di Liberazione', Edito a cura del Ministero dell'Italia occupata - gennaio 1945)

di A. Medici Tornaquinci 

"La Martinella, la storica campana del Palazzo dei Signori, improvvisamente si mosse nella prima mattina di quell'undici di agosto. Sulla città vegliante, in attesa ormai da otto giorni, per le vie che fino a pochi minuti avanti erano state percorse dal passo forte e lento, proprio delle pattuglie in agguato, scesero le note vibranti del bronzo impazzito, e fu un fremito d'azione e di vita che si rovesciò sui tetti, penetrò nelle case, rivelò agli aspettanti il prossimo compimento della grande speranza.

Era quello il segnale convenuto, e non ancora s'era spenta l'eco lontana di quel suono, che dalle porte, dalle cantine, balzarono improvvisamente alla luce delle vie e delle piazze squadre e squadre di giovani, il moschetto o il mitra nel pugno, marcianti decisi, lucido lo sguardo e vigile, ad incontrare l'odiato nemico.

Firenze, prostrata da otto lunghi giorni di 'stato di emergenza', scossa dalle paurose detonazioni delle innumerevoli mine che avevan sbriciolato le sue strade più care, più onuste di tradizioni e di ricordi, che avevano fatto sprofondare nell'Arno i bei ponti che per sì lungo corso di secoli avevan tenuta unita la vecchia città, ritrovò d'un colpo la sua esuberanza, rivestì la sua aria di festa, e mentre le brigate garibaldine, e quelle di Giustizia e Libertà e i giovani delle squadre cittadine rapidi si portavano ad occupare i vari obiettivi e a disporsi in linea di combattimento sul lato nord della città, là dove i tedeschi s'erano attestati, le vie s'animarono improvvisamente, il tricolore comparve a tutte le finestre. Ma già i primi feriti, adagiati su carrette o barroncini spinti dai loro compagni, cominciavano ad affluire alla Misericordia, e le raffiche della mitraglia spazzavano le vie che dai vicoli conducevano al centro. Che era dunque? Non ancora era giunto il momento della liberazione? S'incrociavano ansiose le domande, le previsioni più varie.

Un giovane maggiore inglese, alto robusto e ricciuto, seguito da armatissima scorta, alle 11 uscì dal Palazzo della Signoria, dove era giunto attraverso il corridoio delle Gallerie, prese per via Calzaioli, arrivò al Palazzo dei Medici. La gente per la strada gli faceva ala o lo seguiva applaudendolo. Non era quello l'angelo della Pace?

Ma dalla Sala del Consiglio, dove il Maggiore aveva conferito con il Comitato di Liberazione, nuovi ordini partirono per tutti i reparti combattenti, e ben presto si propagò la notizia che il Comando Alleato reputava più opportuno per salvare la città dalla distruzione, di compiere prima una vasta manovra di aggiramento, per cui per alcuni giorni Firenze doveva da sola opporsi ai ritorni offensivi tedeschi.

Era dunque la guerra vera, non più il colpo di mano audace del gruppo partigiano, non più l'esplosione della insurrezione popolare giusto al momento della liberazione, ma la vera e propria guerra di posizione, con un fronte continuo da difendere, con un nemico schierato da offendere.

Non vi fu nessuno che tentennasse o dubitasse, molti invece accorsero volontari ad ingrossare le fila partigiane, tutta la parte della città controllata dai patrioti rimase imbandierata, e tutta Firenze fu per 5 giorni la città partigiana."



Isolati, dai tetti o dalle finestre, o asserragliati in interi palazzi i franchi tiratori che la feroce rabbia fascista s'era lasciati indietro, fatti audaci dalla mutata situazione, cominciarono a sparare sui cittadini inermi e sulle donne. Ma i partigiani, rinforzati da due brigate garibaldine che avevan guadato l'Arno onde portare aiuto ai fratelli dell'altra sponda, intrepidi mossero all'attacco dei nemici interni e degli esterni. Ad uno ad uno i covi dei malandrini furono presi d'assalto e dei traditori trovati con le armi in pugno fu fatta giustizia sui sagrati di San Marco e di Santa Maria Novella.

I tedeschi, furiosi di aver visto balzar loro addosso, da una città che credevano d'aver dominata, il furore animoso di migliaia di giovani, indirizzando contro le case il fuoco dei loro mortai, compiendo energiche puntate con pattuglie e reparti potentemente armati e sostenuti dai carri corazzati, cercarono a più riprese di rioccupare il centro della città per compiervi le loro rappresaglie. Ma i patrioti per cinque giorni e per cinque notti, senza ricevere cambio, sebbene malnutriti e con deficiente armamento, resistettero validamente a tutti gli attacchi, e se un reparto veniva costretto dalla superiorità nemica a cedere momentaneamente terreno, subito un altro reparto vicino si prodigava per turare la falla, per appoggiare l'azione di contrattacco.

Le salme dei caduti, composte in rozze casse di legno, venivano tumulate nell'antico e ombroso Giardino dei Semplici, che la pietà e la riconoscenza del popolo andavano trasformando in una stupenda fioritura.

Cinque giorni di lotta continua e implacabile, in cui il valore guerriero partigiano rifulse in tutta la sua meravigliosa efficacia. I veterani che per 11 mesi avevano combattuto sulle montagne, ebbero a loro pari nell'ardire e nella volontà i giovani che per la prima volta si trovavano a fronte della morte. Gli era che finalmente Firenze aveva ritrovata la ragione ideale di lotta, sapeva che ora combatteva di nuovo per l'onore per la libertà della Patria, per i sacri termini dell'umana coscienza.

Oltre mille giovani, fra morti e feriti, rappresentano il bilancio glorioso di quei giorni di lotta; quel sangue, così generosamente versato, il comportamento di tutta una città che messa di fronte improvvisamente ad un'inaspettata situazione bellica, freddamente aveva deciso di rischiare anche la sua distruzione pur di combattere finalmente il tedesco, hanno dimostrato al mondo stupito che il popolo italiano è sempre capace di battersi, per la santa causa della libertà, con l'antico spirito garibaldino.

E quando i reparti alleati diedero il cambio ai patrioti, questi, anelando di liberare i quartieri tuttora in mano al nemico, raggruppatisi in più ristrette formazioni, seguitarono a partecipare alla lotta, prodigandosi in compiti di avanguardia ancora per 15 giorni, fino alla completa liberazione di tutta Firenze.

Il 12 d'agosto, dovendo recarmi oltrarno per una missione, passai dal Ponte Vecchio. I suoi accessi erano cosparsi di mine, bisognava camminare cauti, guardando in terra, tra le macerie e i rottami. Giunto sul sommo alzai lo sguardo e rimasi smarrito non incontrando più l'arco elegante, la perfetta 'catenaria' del Ponte Santa Trinità. Tutt'intorno, il Lungarno, Borgo S. Jacopo, Via Por S. Maria, Via dei Bardi, via Guicciardini erano un deserto di rovine, di muri cadenti.. V'era passata l'ala della morte, ma quell'arco spezzato, quell'armonia distrutta, era la cosa più triste, il segno palpabile che la civiltà era stata profondamente offesa dalla barbarie.

Avevo vicino un partigiano: teneva a tracolla il mitra fedele; col gran ciuffo di capelli al vento, col fazzoletto rosso intorno al collo era un accento di vita in tanto squallore. Aveva l'aria spavalda di chi ha veduto spesso vicina la morte, ma ci guardammo e mi accorsi che aveva gli occhi stranamente lucidi. Parlò brevemente, seccamente, ma la voce aveva un fremito leggero: -quando sarà finita la guerra, disse, bisognerebbe portar qui i tedeschi, ad uno ad uno, e sparare quelli che non cascano in ginocchio-."

Didascalia della foto 1: "Due partigiani toscani: Alfredo Padovano e Danilo Guidotti, all'ospedale, dopo la battaglia."
Didascalia della foto 2: "La Divisione 'Arno' sfila fra il Battistero e il Duomo di Firenze liberata."

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GUERRA PARTIGIANA

"La guerra partigiana è, anche in Italia, un fattore militare e politico essenziale negli sviluppi della situazione bellica mondiale. I bollettini di Alexander, che hanno ripetutamente sottolineato le operazioni dei Volontari della Libertà, così come i rabbiosi proclami di Kesserling e lo stesso comunicato tedesco, lo hanno annunciato anche al di là dei confini del nostro paese. I soldati delle Nazioni Unite sui fronti e i combattenti della resistenza dietro i fronti sanno di avere, al loro fianco, attivi e vittoriosi, i patrioti italiani.

La guerra partigiana in Italia si è fatta più generale ed è caratterizzata da un'effettiva collaborazione tattica con le truppe alleate nei settori immediatamente a ridosso del fronte, da una decisa offensiva delle formazioni patriottiche e dal controllo da parte loro di zone sempre più vaste del territorio nazionale in ogni parte degli Appennini e delle Alpi. E' troppo presto per fare un bilancio consuntivo della lotta che i nostri partigiani con tanto valore sostengono da oltre 16 mesi contro un nemico feroce e potentemente armato; tuttavia da più parti, soprattutto nelle zone liberate, si raccolgono, accertano e documentano i fatti d'arme più significativi.

Riportiamo qui sotto i dati sinora accertati dal Comando Raggruppamenti Bande Esterne, che per nove mesi controllò e diresse 20.000 partigiani dell'Italia Centrale. Com'è ovvio, si tratta di dati provvisori, in quanto molti elementi, che qui non figurano, sono tuttora in via di accertamento.


AZIONI ARMATE N. 1085

Perdite subite:
Caduti.........n. 819
Fucilati.......n. 280
Feriti...........n. 872
Dispersi......n.   40 

Perdite inflitte:
Uccisi.........n. 2818
Feriti...........n. 1430
Prigionieri...n. 1274

Bottino di guerra:
Cannoni..............n.       33
Armi portatili.....n. 16251
Automezzi.........n.      223

Materiale nemico distrutto:
Cannoni...........................n.   22
Automezzi.......................n. 977
Interruzioni stradali.........n. 303
Interruzioni ferroviarie....n.   63

Particolarmente significativo è il numero delle armi portatili catturate: si può dire che ogni partigiano combattesse con un'arma strappata al nemico." (@GM)


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